Morus Alba con frutti commestibili

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I frutti, chiamati impropriamente more di gelso, sono infruttescenze composte formate dall’unione di un frutto vero e proprio, le nucule, e un falso frutto, che costituisce la polpa.

Il nome corretto di questa infruttescenza è sorosio (botanicamente un falso frutto) e somiglia ad un piccolo lampone o ad una mora di rovo, ma è più grosso ed allungato.

I sorosi hanno forma ovato-arrotondata e lunghezza da 1 a 3 cm. Sono costituiti da tante piccole sferule carnose unite tra loro, formate a loro volta da una nucula (frutto vero) ricoperta da un rivestimento polposo, derivato direttamente dal perianzio modificato del fiore femminile che l’ha originata (falso frutto).

Queste sferule si fondono tra loro grazie ai rispettivi perianzi che, tramite complesse modifiche fisiologiche, divengono un’unica massa carnosa e succulenta che circonda tutte le varie nucule, formando il sorosio.

Queste piccole unità carnose sono false pseudodrupe, hanno forma rotondeggiante (sferica) schiacciata ai bordi e presentano esocarpo sottile, mesocarpo carnoso e succulento ed endocarpo crostoso.

Ognuna contiene un piccolo frutto vero, la nucula, dal guscio duro, coriaceo e legnoso e forma rotonda.

Il perianzio modificato serve a potenziare la disseminazione dei semi, essendo molto appetito dagli uccelli, che cibandosi dei sorosi assumono anche le nucule contenenti i semi, che poi disperderanno con le feci.

Morus alba è bianco-giallognolo o rosa-violetto (può esserci confusione con quelle di Morus nigra), e sono portati da un breve picciolo.

Sono commestibili, la polpa è dolciastra con punte acidule già prima della maturazione, sebbene siano meno gustosi di quelli del gelso nero. Contengono il 22% di zuccheri, e hanno potere edulcorante, sia freschi che ridotti in farina. Una volta fermentati ci si può ottenere un liquore alcolico.

I semi sono piccoli, sferici e sono diffusi principalmente dagli uccelli, che si cibano dei sorosi.

In Italia e in Europa meridionale il gelso bianco ha trovato un habitat ideale, idoneo alla sua crescita e sviluppo, e in molte zone conclude il ciclo riproduttivo (messa a seme) senza particolari problemi, riproducendosi e moltiplicandosi spontaneamente per seme che, a differenza di molte piante esotiche o importate, non mostra alcun problema di sterilità o difficoltà di germinazione, dimostrando l’ampia adattabilità e naturalizzazione di questa specie.

In Italia (Emilia-Romagna) ancora oggi il legno di questa pianta è fondamentale per la produzione dell’Aceto balsamico tradizionale di Modena, ed è utilizzato per la costruzione di botti per-regina che conferiscono un particolare aroma al prodotto.

In fitoterapia l’estratto meristematico (dalle gemme) e fogliame di gelso bianco viene impiegato come ipoglicemizzante.

La corteccia ha proprietà antibatteriche e un tempo veniva masticata contro la carie, la polvere di sorosio ha effetti ipolipidici, antiossidanti e neuroprotettivi, gli estratti di radice trattata al metanolo hanno funzione anti stress.

Un estratto di foglie di Morus alba è stato studiato contro gli effetti del veleno della vipera indiana Daboia russelii ed è emerso che la sostanza ha completamente neutralizzato l’attività proteolitica e ialuronolitica in vitro del veleno, eliminando in modo efficiente anche gli effetti secondari come edema, emorragia e necrosi.

Inoltre l’estratto ha parzialmente inibito l’attività pro-coagulante e completamente abolito la degradazione di una catena α del fibrinogeno umano, altrimenti duramente intaccati dal veleno del serpente.

Due nuovi composti chimici di interesse farmaceutico sono stati scoperti grazie al gelso bianco, il primo è l’Albanol A, isolato dell’estratto di corteccia della radice e in corso di sperimentazione come trattamento contro la leucemia, il secondo è il kuwanon G., estratto sempre dalla corteccia della radice essiccata tramite trattamento con etanolo, che presenta attività antibatteriche paragonabili a quelle di clorexidina e vancomicina (1 µg ml–1).

Altri composti isolati nel gelso bianco sono il Moracin M, il Steppogenin-4′-O-β-D-glucoside e il Mulberroside, tutti rinvenuti in tracce nella corteccia della radice. Hanno effetti ipoglicemici; in particolare il Mulberroside A, un glucoside stilbenoide, può essere utile nel trattamento di iperuricemia e gotta.

Un estratto in soluzione metanolica acidificata del frutto di Morus alba può essere utilizzato come indicatore acidi-basico nelle titolazioni acido-base.

Fonte
Wikipedia

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